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L'arte della memoria

Una raccolta unica al mondo! L'esclamazione non è un eccesso retorico, ma solo una citazione dai media per rendere appieno il riscontro da essi tributato a questo progetto, "Memorie: cinquant'anni dopo, 1945-1995".

L'originale collezione di oltre cento opere inedite invita a una riflessione non tanto sui valori che la storia ci ha tramandato, quanto su ciò che è rimasto di quei valori nella nostra società. Questa indagine si compie con il contributo di autorevoli artisti contemporanei che, attraverso la loro ricchezza immaginativa, esprimono emozioni nuove e singolari.

Il supporto sul quale le opere sono state realizzate non va inteso come archetipo oggettivo e mimetico della realtà, ma come spazio creativo, capace di stimolare un messaggio figurativo fuori dai canoni retorici di una figurazione unicamente legata al déjà vu.

I diversi percorsi comunicativi, talvolta densi di metafore, trasfigurano la memoria fino a proporre il "teatro dell'oggi " per molti maestri nell'esaltante contesto della propria maturità creativa.

Generalmente l'assunto semantico esalta in prevalenza la molteplicità delle ricerche iconografiche in atto, con suggestive quanto emblematiche sintesi del linguaggio narrativo.
È per questa universalità del linguaggio artistico, mai strettamente legato alle contingenze storiche, che abbiamo voluto non solo accogliere nella mostra le esperienze dirette di coloro che hanno vissuto e combattuto nella Resistenza, ma anche dare spazio alle voci di chi, più giovane, si è costruito una propria immagine di quel periodo; abbiamo poi affiancato opere di "scuole" diverse perché, oltre ai dati biografici, anche le qualità immaginative dei singoli artisti danno vita a differenti percezioni e traduzioni in linguaggi segnici di un fatto così rilevante.

Troppe volte l'arte è stata chiamata a giustificare il potere o a minarne le fondamenta. Questa volta non vorremmo avvalercene in tal senso, anche se un significato politico viene inevitabilmente indotto nella mente dello spettatore della mostra. Vorremmo utilizzare opere e testi per un messaggio più ampio, metastorico, che veda il concetto di resistenza estendersi a ogni atto d'espressione artistica, cioè di ragione e libertà, contrapposto a ogni forma di totalitarismo. Vorremmo che questa nostra rassegna testimoniasse come l'arte obietti a ogni assolutismo politico - dove prevalgono l'irrazionale e la violenza, lo schiacciamento dell'uomo e la negazione della sua libertà, la sostituzione del potere alla giustizia - in nome di una dignità restituita ai soggetti della storia.

Le opere, ospitate in via permanente nel Museo Storico del Castello della Rancia, non vogliono essere un monumento ai ricordi di vicende e immagini giunte fino a noi da lontano, ma costituire un potenziale laboratorio didattico per i giovani sempre in cerca di verità. La verità nell'arte è diffusa e largamente ineffabile ma, al tempo stesso, può garantire gradi di onestà e di certezze non riscontrabili altrove, per aiutare a percepire in modo più vivido il châos della vita.

Non si vuole fare tuttavia della Resistenza un mito o un evento eccezionale, secondo la "tendenza della nostra cultura a pensare la storia per catastrofi o per illuminazioni" (E. Ragionieri). La Resistenza non è terminata, e non solo nel senso che ancora oggi abbiamo nemici, per quanto diversi, da combattere; essa dura perché è un atto di volontà, una ricerca di autodeterminazione, l'applicazione di un libero arbitrio; è una potenza insita in un popolo, che si trasforma in atto nel momento della necessità e del discrimine.

Nel torpore morale di questi ultimi anni, forse ce ne siamo dimenticati, ma non possiamo averla completamente tradita, annullata; altrimenti gli artisti "giovani" non ne avrebbero parlato, altrimenti la Resistenza non avrebbe detto più nulla a nessuno, sarebbe passata tra gli episodi della storia che si lasciano dietro solo qualche nome e una manciata di date.

Noi invece la vediamo rivivere in queste opere, nel momento in cui l'arte, principio di conoscenza e di coscienza, si pone non tanto a organizzare consensi intorno a essa, ma a riproporla come spaccato delle sofferenze umane, delle passioni che le provocano, delle forze che le superano: non un abbaglio momentaneo, ma un possesso per sempre.

Carmine Iandoli