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12. informale

Arnaldo Pomodoro, nello stile che gli è proprio, apre nel supporto una lacerazione insanabile, che sembra separare due epoche e intorno alla quale la tranquillità è solo apparente.

Altrettanto affascinante l'opera di Walter Valentini, che ha la forza dell'incompiutezza apparente e la suggestività della monocromia, interrotta solo dall'incantato disco lunare.

Giorgio Celiberti lascia la propria cifra, due cuori, su un paesaggio di ipotetici muri, prigioni per il corpo, ma labili frontiere per l'anima.

Torna l'immagine della superficie bianca lacerata nell'opera di Giancarlo Marchese, nella quale una lama sottile ha prodotto un taglio profondo, una piaga nella nostra civiltà che guarirà a fatica.

Nado Canuti ricorda un amico nelle tracce del piombo e del sangue nelle quali ormai si è trasformato e che sono divenute, nella memoria, elemento unificante dello ieri e dell'oggi.

Lacerazioni e ferite sono anche nella bandiera di Giuseppe Spagnulo, ridotta a brandelli e abbandonata dopo il suo momento eroico.

L'attenzione di Francesco Somaini è rivolta ai protagonisti della guerra, ai tanti martiri il cui ricordo è impresso nella storia del mondo.

Luigi Mainolfi dà della Resistenza un'immagine realistica, l'immagine di un fatto di sangue, come essa è stata soprattutto.

Interessante il pezzo di Carlo Zauli che, nel viluppo delle sue pieghe, sembra riplasmare in una nuova forma un'antica materia.

Togo rilancia un vecchio slogan che pare, nell'attualità, aver perso il suo senso e il suo carico di speranze

e pure in Franco Zazzeri abbiamo una rivisitazione critica dell'evento, abbinata al senso del trascorrere degli anni e dello stratificarsi dei detriti della storia.