Falce martello e la stella d'Italia
          ornano nuovi la sala. Ma quanto
          dolore per quel segno sul muro!
        Entra, sorretto dalle grucce, il Prologo.
          Saluta al pugno; dice sue parole
          perché le donne ridano e i fanciulli
          che affollano la povera platea.
          Dice, timido ancora, dell'idea
          che gli animi affratella; chiude: "E adesso
          faccio come i tedeschi: mi ritiro".
          Tra un atto e l'altro, alla Cantina, in giro
          rosseggia parco ai bicchieri l'amico
          dell'uomo, cui rimargina ferite,
          gli chiude solchi dolorosi; alcuno
          venuto qui da spaventosi esigli,
          si scalda a lui come chi ha freddo al sole.
        Questo è il Teatro degli Artigianelli,
          quale lo vide il poeta nel mille
          novecentoquarantaquattro, un giorno
          di Settembre, che a tratti
          rombava ancora il cannone, e Firenze
          taceva, assorta nelle sue rovine.