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La proposta di Carmine Iandoli ha colto nel segno
La mostra sulla Resistenza attira numerosi spettatori

Corriere Adriatico - agosto 1998

TOLENTINO - Sta riscuotendo molto successo la mostra "Memorie: cinquant'anni dopo, 1945-1995", allestita al Castello della Rancia. Le centoquattro opere originali esposte in permanenza al castello, che sono il frutto di stilemi facilmente riconducibili alle elaborazioni formali proprie della ricerca artistica contemporanea ormai consolidata, costituiscono la memoria del nostro tempo e quello che è rimasto dei valori promulgati cinquant'anni fa.

Alla Resistenza è così dedicata la raccolta cha presenta opere di diversi artisti prevalentemente all'apice della loro espressione creativa, nati nella prima metà dei secolo, tutti viventi ad eccezione di Migneco, Brindisi, Cavaliere, Fiume, Spadari, Veronesi e Mastroianni, scomparsi recentemente. Sono in maggioranza di fama nazionale, molti di essi di rilievo internazionale. Ed i pochi giovani presenti, peraltro significativi, evidenziano il filo di continuità ideale tra generazioni.

A Carmine Iandoli, ideatore e realizzatore del progetto, abbiamo posto dei quesiti per ricordare e riflettere su genesi, itinerario, approdo di una proposta culturale controcorrente.

La leadership dell'arte italiana contemporanea, "territorio" pressoché inesplorato dalla cosiddetta gente comune, interpreta l'evento resistenziale in chiave anticelebrativa e in alcuni casi iniziatica. È provocazione o sollecitazione?

"Preliminarmente - ci ha risposto Iandoli - è doveroso da parte mia affermare che ho adeguato il progetto a interessi specifici e alle mie competenze di settore, tuttavia la motivazione profonda è un'altra: ho voluto dare a questa iniziativa un taglio astorico e non condizionato da opportunistici orientamenti ideologici. Di qui la scelta intenzionale di proposte artistiche atte a stimolare la ricerca del significato attuale dell'evento storico, al di là di ogni tentazione revisionistica. E proprio la libertà dell'arte mi è sembrata l'unica forza capace dì stimolare la riflessione. Dunque l'intento, se vuole, è insieme costruttivamente provocatorio e sollecitante".

Quale è stata fino ad ora la risposta del pubblico e soprattutto quale l'identikit dello spettatore tipo?

"Già nel percorso itinerante la frequentazione della mostra è stata rilevante. L'afflusso del pubblico alla sede permanente è addirittura lusinghiero, se si considera la coincidenza dell'inaugurazione con la stagione invernale e lo stato di emergenza provocato dall'evento sismico. Non si è utopici nel prospettare un ulteriore incremento dell'afflusso nella ricorrenza del Giubileo. Per quanto concerne poi l'identikit del visitatore, il clou è rappresentato da turisti stranieri, fatto che può suggerire una duplice interpretazione: lo straniero va in un luogo con lo scopo specifico di conoscerne le testimonianze storico-artistiche, ma forse è anche più sensibile al linguaggio dell'arte contemporanea, perché meno condizionato da una cultura scolastica ancora troppo conservativa".

Diversi poi sono gli artisti che hanno aderito all'iniziativa, quali sono allora le caratteristiche dei loro messaggi?

"La convivenza tra linguaggi diversi è una delle peculiarità più originali di tale raccolta, caratterizzando così la ricerca artistica contemporanea in essere, i linguaggi che si snodano nelle diverse aree di tendenza sono sintomo non solo di ricchezza espressiva, spesso contraddittoria, ma anche non necessariamente sono sempre riconducibili a un denominatore comune. Queste opere tutte inedite trasfigurano e interpretano con ricchezza immaginativa valori che sono testimonianza di grande attualità. Generalmente l'esercizio all'analisi ci abitua a osservare l'opera d'arte nelle sue caratteristiche di struttura e di configurazione. In queste opere la prevalente sintesi espressiva ci aiuta a valutare l'essenzialità della forma delle cose rendendo il messaggio più diretto, immediato. Naturalmente questo esercizio è duplice: si realizza o materializza attraverso il fare creativo e deve essere sollecitato immediatamente dal fruitore che studia lo spazio, il movimento, la luce e il colore".

Come mai è stata scelta una sede permanente quale è il Castello della Rancia, così appartata, senz'altro eccentrica rispetto agli ambienti-fucina del dibattito culturale e delle mode avanguardistiche?

"Appartata relativamente, perché è al centro di un importante asse turistico, ne è la prova un flusso di oltre trecentomila visitatori all'anno. Rispetto alla eccentricità, essa ha costituito un elemento altamente positivo nel senso che un centro non aperto a molteplici, spesso frastornanti proposte culturali poteva garantire una maggiore sollecitazione ad apprezzare opere di indiscutibile significato e pregnanza artistica. Non è da sottacere inoltre l'attenzione, la collaborazione, l'impegno diretto delle autorità locali nell'allestimento della sede e nell'onere della pubblicazione di un catalogo di particolare pregio".

Qual è secondo lei lo scopo e il significato di una mostra itinerante come quella al Castello della Rancia?

"Una mostra itinerante ed aperta risponde, a mio avviso, all'intento di garantire la fruibilità da parte del più vasto ed eterogeneo pubblico. Volevo insomma rendere viva l'arte contemporanea partecipandola a tutti coloro che fossero disponibili ad un personale coinvolgimento".

Carla Passacantando