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       L'eredità della Resistenza Riflessioni di due protagonisti a mezzo secolo di distanza La storia corre veloce e anche l'oggi è subito passato. C'è dunque da chiedersi cosa sia rimasto in noi degli eventi di cinquant'anni fa e se la "luce" della Resistenza di cui parlava Pasolini si sia forse affievolita. C'è da chiedersi se questo movimento, che ha guidato il nascere della nostra Repubblica, sia ancora punto di riferimento, come è avvenuto per i movimenti giovanili del '68, o sia oscurato dalla superficialità e dalla volontà di una classe politica che sembra voler ignorare, per opportunismo o cecità, la sua stessa origine. Non possiamo, pensare che la memoria sia così labile e neppure che sia così facile tacitare chi ancora ricorda. Ma è anche vero che abbiamo assistito, di recente, a un revisionismo nei confronti della Resistenza che tenta di dimostrare come la sua strategia servisse a condurre una guerra civile e non nazionale, senza considerare l'apporto delle forze armate con la loro riscossa, degli internati nei campi di concentramento e di sterminio, dei patrioti combattenti all'estero. Non si può accettare che la Resistenza sia considerata un "reperto archeologico", che il suo apporto nella vittoria finale sia stato minimo o addirittura nullo e che il regime cui essa si è opposta sia stato un periodo di tranquillità che solo la follia hitleriana ha potuto rovinare. Nella Resistenza entrò la politica, ma quella vera, con la lettera 
        maiuscola. Furono varie le ispirazioni ideologiche di cui si compose, 
        ma gli scopi ultimi erano quelli di riconquistare l'unità nazionale 
        per la costruzione di uno stato moderno democratico, dove fossero garantite 
        libertà, solidarietà e giustizia sociale per tutti, per 
        chi c'era, per chi non ha partecipato, per chi era contro. La lotta partigiana 
        sorse spontanea, tra gente umiliata, repressa, esasperata. Chi non combatté 
        direttamente aiutò i combattenti, li sfamò, li protesse. 
        Tutte le classi sociali e tutte le età erano comprese in questo 
        movimento solidale, assieme a quello partigiano. Se ancora oggi celebriamo la Resistenza, non si può dire che essa 
        appartenga a un passato ormai pietrificato, a un tempo troppo lontano 
        per avere agganci col presente. Della Resistenza si parla ancora, per 
        essa ci si contrasta, si discute: che cosa ci può essere di più 
        vivo? Non vogliamo condurre battaglie di cifre, anche perché i dati 
        sono tuttora imprecisi; gli Alleati stessi ci hanno pure invitato a tornarcene 
        a casa, col proclama Alexander. Ma noi eravamo decisi, sopportavamo qualunque 
        cosa, e le guerre si vincono con la determinazione dei combattenti, con 
        la loro consapevolezza e abnegazione. Abbiamo contribuito alla vittoria degli Alleati, ribadendo il valore 
        dei nostri principi che hanno fondato il nuovo stato repubblicano. La Resistenza è stata un momento di profonda rottura nei confronti 
        di un regime di repressione e dei suoi atteggiamenti mentali e culturali. 
        Il popolo italiano ha trovato in quegli anni valori nuovi e ha riscoperto 
        valori dimenticati, non però seppelliti nella tradizione e nella 
        storia del nostro paese, ma presenti e rintracciabili nell'animo di ciascuno. 
        Le lettere dei condannati a morte della Resistenza italiana, con cento 
        e cento episodi, documentano la coscienza, la maturità e la civiltà 
        della nostra gente. Non abbandoniamoci, quindi, a facili revisionismi, che sembrano dettati 
        più da disinteresse e qualunquismo che da un desiderio di attenta 
        ricerca storica. Se la soppressione delle libertà individuali torna 
        a essere tollerata, ci si deve chiedere quanto radicalmente gli italiani 
        si siano liberati dalle suggestioni di una cultura totalitaria e se, come 
        temiamo, la seduzione di uno stato "forte" non operi ancora 
        subdolamente in un periodo di vuoto ideologico. Riconquistiamo dunque la partecipazione alla vita pubblica: questa è 
        importante, non le momentanee e occasionali coloriture politiche dei gruppi 
        che si alternano al potere; essi passano, la coscienza collettiva resta. Dovremmo ora rivolgere il nostro ringraziamento a tutti gli artisti di 
        questa mostra che impediscono il vanificarsi delle parole appena spese. 
        Le nostre sono, appunto, parole; le loro sono opere, creazioni originali, 
        realizzate proprio per questa ricorrenza e tutte valide, importanti, molte 
        bellissime: una testimonianza preziosa. Grazie agli artisti, dunque, che ci dimostrano come la Resistenza sia ancora sentita e non abbia inaridito e fermato la loro creatività. Grazie a loro, che hanno ricordato le lotte sostenute in prima persona o che si sono sottoposti allo sforzo di immedesimarsi in altri, di ricreare idealmente momenti non vissuti. Attorno a queste opere vogliamo riunirci, ricordare, ritrovare lo spirito di allora e condividerlo con tutti. Questa mostra è la speranza di una nuova solidarietà, di un futuro più sereno. Sen. Arrigo Boldrini Sen. Mario Ferrari Aggradi  | 
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